Come le emozioni influenzano la nostra alimentazione
Cos’è un’emozione?
E’ parte integrante di un processo articolato che si scatena a partire da un determinato evento, esterno o interno alla persona, e si conclude con un comportamento che prova a modificare la situazione di partenza. Una reazione emotiva si sviluppa elaborando l’evento, filtrandolo attraverso il personale sistema di convinzioni che ciascun individuo possiede: sulla base dell’interpretazione di ognuno, deriverà una risposta emotiva differente. Ecco perché le persone in circostanze identiche possono provare emozioni diverse, frutto delle esperienze vissute e dei personali schemi mentali con cui elaborano la situazione.
Le emozioni che viviamo condizionano anche il nostro rapporto con il cibo: ciò che mangiamo, infatti, è l’espressione di meccanismi psichici oltre che fisiologici, in quanto attraverso il cibo non ci limitiamo a soddisfare la fame, ma comunichiamo un modo particolare di gestire le nostre emozioni.
Lo stretto rapporto tra cibo ed emozioni si esprime anche in senso contrario: non solo le emozioni possono influenzare le nostre abitudini alimentari, ma ciò che mangiamo ha il potere di agire sul nostro stato emotivo. Ogni alimento, infatti, oltre ad adempire alla funzione di fornire energia al corpo, è composto da sostanze che incidono sui neurotrasmettitori legati all’umore e appagano i nostri sensi, in particolare olfatto, gusto e vista.
Possiamo quindi sentire e identificare due tipologie differenti di fame.
La fame fisica nasce da un naturale meccanismo fisiologico come segnale del corpo quando necessita di nutrienti per sostenere il fabbisogno energetico. Si avverte tramite sensazioni corporee che si sviluppano lentamente crescendo di intensità (languiorino, brontolìo, crampi allo stomaco, irritabilità). La fame cessa quando si ristabilisce l’equilibrio energetico e si avverte il senso di sazietà. Il cibo garantisce la sopravvivenza.
La fame emotiva, invece, non si avverte nello stomaco con i segnali appena descritti, ma deriva da un impulso improvviso e urgente. Mangiare diventa una strategia disfunzionale in risposta alle emozioni sviluppate a fronte di eventi improvvisi e stati d’animo turbolenti, una modalità di regolazione emotiva che può diventare nociva se attuata in modo ricorrente, inconsapevole, automatica.
Una discussione con il fidanzato, ad esempio può essere uno degli eventi scatenanti.
Evento: dopo una lite, il mio ragazzo non risponde al telefono.
Penso: ha di meglio da fare, sono tutti uguali, se crede che io stia qui ad aspettare si sbaglia, non sono una stupida!
Emozioni: frustrazione, rabbia.
Comportamento: mangio per gestire le emozioni intense e avverse.
Se non riusciamo a tollerare la rabbia, il cibo può diventare un modulatore del nostro stato d’animo.
Non è l’emozione in sè a provocare l’abbuffata, bensì la reazione emotiva, scatenata dall’interpretazione di una situazione che fatichiamo a gestire.
Mangiare diventa un modo per placare il disagio rispondendo istintivamente ad un’emozione che sembra sopraffarci e, contemporaneamente, trovare sollievo.
Come il meccanismo di una clessidra, che svuota un lato per riempire l’altro, diamo fondo ad una scatola di biscotti per riempire il senso di vuoto interiore, oppure affoghiamo in una vaschetta di gelato quando rientriamo da una giornata lavorativa stancante e poco soddisfacente. Il cibo viene “buttato” dentro lo stomaco e non assaporato, senza lasciare spazio all’esperienza sensoriale.
Le persone temporaneamente sconfitte da un’emozione negativa utilizzano questi comportamenti alimentari scorretti per mitigare stati emotivi intensi.
In che modo possiamo intervenire?
– Ascoltare e riconoscere l’impulso improvviso a mangiare e lavorare sulla calma interiore per anestetizzare l’emozione che ha generato l’impulso.
– Prendere consapevolezza dell’evento che ha prodotto una sequenza di pensieri, emozioni e comportamenti: un litigio con il partner, affrontare una giornata particolarmente negativa, sentirsi soffocare dalla pressione lavorativa, annoiarsi, tornare a casa e percepire vuoto e solitudine.
Può essere utile spezzare questa sequenza, imparando a regolare le emozioni.
Con regolazione delle emozioni si intende la capacità di fronteggiare, monitorare e governare i propri stati d’animo attraverso strategie da attuare nel momento in cui sentiamo generarsi una particolare sensazione.
Si puo’ immaginare di regolare l’emozione attraverso una manopola: è come alzare e abbassare il volume della propria musica interiore.
La regolazione emotiva prevede di modificare la nostra reazione intervenendo su uno o più elementi che la compongono: evento, interpretazione dell’evento, reazione fisiologica del corpo associata all’emozione generata o il conseguente comportamento.
Esistono diverse strade per modulare l’impatto emotivo di una situazione: siamo noi a scegliere su quale aspetto intervenire.
– Intervenire direttamente sull’evento scatenante, quando possibile.
– A livello cognitivo, intervenire sui pensieri attribuendo interpretazioni alternative dell’evento. La rivalutazione cognitiva, infatti, consiste nel prendere in esame quale sia il significato da attribuire ad una determinata situazione.
– A livello fisico. Riconoscere cosa succede nel corpo, cosa cambia e come intervenire. Le sensazioni del corpo ci aiutano a dare forma alle emozioni e aiutandoci con pratiche di respirazione e rilassamento possiamo contenere le conseguenze fisiologiche legate all’emozione.
Es: quando sentiamo il respiro corto e affannato, generato da uno stato di ansia, possiamo ricorrere ad una respirazione addominale profonda per ridurre l’ansia e tornare a sentirsi a proprio agio.
– A livello comportamentale. A questo livello, subentra il rischio di ricorrere al cibo per risolvere il problema scatenante. Mangiare permette di disinnescare temporaneamente le emozioni percepite come avverse: paura, rabbia, risentimento, tristezza, ansia, noia, solitudine, senso di inefficacia e vergogna. Il cibo aiuta ad alleviare queste spiacevoli sensazioni interne in quanto è la fonte di benessere più facilmente accessibile oltre ad essere sempre disponibile. Può essere usato come strumento per distaccarsi, congelando i pensieri negativi che accompagnano determinate emozioni, oppure come consolazione, per attenuare il disagio grazie ad un senso sollievo e di gratificazione immediati.
La capacità di identificare i propri stati emotivi, l’adozione di strategie di coping più funzionali e l’autoregolazione emotiva diventano la chiave per trovare l’equilibrio a tavola.
Quando si fronteggia un’emozione intensa, è utile fermarsi, sentirla nel corpo, darle un nome, e osservarla mentre scorre e diminuisce di intensità. Questo permette di focalizzarsi, conoscere e capire la condizione del momento invece di “fuggire”, adottando un comportamento disfunzionale, come mangiare disordinatamente.
Possiamo misurare l’intensità dello stato d’animo che lentamente si affievolisce, contando da 10 a 1 e apprezzare nel nostro corpo il miglioramento dello stato emotivo. Impariamo a comprendere che le emozioni sono parte della normale esperienza umana e che sono adattive, non sono giuste o sbagliate. Sono la nostra risposta alle numerose situazioni della vita e ci consentono di comunicare con gli altri.
Bisogna saper dare sfogo, in maniera costruttiva, alle emozioni. Trattenere la rabbia, ad esempio senza affrontarla, si riflette nella ricerca di cibo per provare a colmare quell’insoddisfazione che ci accompagna per non aver risolto una situazione che ci tormenta.
Non sempre è facile convivere con le emozioni, ma in alternativa al cibo si può ricorrere ad alcune pratiche per modificare gli stati emotivi: rivolgiamo l’energia ad un’attività che sappiamo in grado di cambiare il nostro stato d’animo, che ci stimola e ci appaga quando realizzata, come ascoltare una musica capace di emozionarci, immergerci in un rilassante bagno caldo, telefonare ad un’amica, passeggiare con passo sostenuto facendo lunghi respiri, ammirare un panorama che ci lasci senza parole.
Attuare uno di questi comportamenti ci permette di concepire che il cibo non è l’unico rifugio necessario e che le emozioni che ci attanagliano, prosciugando energie fisiche e mentali, possono essere incanalate in attività salutari per stimolare il nostro benessere.